#ancoraidiritti
MANIFESTO
FVGPRIDE ODV
2024
L’Associazione FVG Pride ODV, con il supporto ed in collaborazione con numerose altre
Associazioni del territorio friulano e giuliano indice, tramite questo manifesto, un nuovo
Pride per l’anno 2024.
Il processo di rinnovamento e aggiornamento del presente documento politico ha coinvolto, in questa quinta edizione di FVG Pride, tutte le persone appartenenti alla comunità LGBTQIA+ del Friuli-Venezia Giulia che hanno deciso di partecipare alle assemblee pubbliche, diffuse su tutto il territorio regionale, che abbiamo deciso di organizzare al fine di rendere questo testo attuale, completo e il più rappresentativo possibile. Una decisione presa, questa della costruzione aperta e democratica del manifesto, coerente con la scelta di organizzare la quinta edizione di FVG Pride a distanza di solo un anno dalla precedente, contrariamente a quanto fatto finora. E ancora, nel renderci conto che la minaccia alla nostra autodeterminazione e ai nostri diritti, quei pochi conquistati, è perpetua e ingravescente, la decisione sul luogo che ospiterà le nostre rivendicazioni, non poteva essere differente: in questa edizione, la città di Lignano, che raccoglie l’estate del FVG ci permetterà di essere, anche numericamente, marea.
Nell’aprire il manifesto dello scorso anno, avevamo denunciato l’avvento del momento storico-politico più nero del nostro Paese dal dopoguerra, determinato dall’insediamento di un governo di estrema destra, con esponenti delle massime cariche del paese che usavano i loro ruoli per propagandare odio e disinformazione legati ai diritti umani, che continuavano a negare alle persone LGBTQIA+. Ora, a luglio 2024, ci troviamo di fronte ad una situazione se possibile peggiorata: il governo Meloni ha iniziato l’anno attaccando le nostre famiglie. A gennaio, il ministro dell’Interno Piantedosi alle famiglie arcobaleno ha fatto impugnare dalla procura di Padova oltre 30 trascrizioni degli atti di nascita di bambinɜ di coppie omogenitoriali; una violenza inaudita per attaccare le famiglie di coppie dello stesso genere con figlɜ. Pochi mesi dopo, è iniziato l’attacco alle persone transgender. Prima, la grave ingerenza del ministero della Salute, avvenuta dopo un’interrogazione parlamentare del capogruppo di Forza Italia al Senato Maurizio Gasparri, presso l’ospedale Careggi di Firenze: propagandando l’inesistente teoria gender, inventata dalla Chiesa e dall’integralismo religioso, hanno attaccato le buone prassi dell’ospedale, che cerca di aiutare le persone minorenni nel loro percorso di affermazione di genere. Poi, la maxi-commissione, istituita dal governo italiano, per riscrivere le linee guida sui percorsi di affermazione di genere; commissione che non vede la presenza di alcuna associazione trans, ma che è invece composta, tra gli altri, da Assunta Morresi, fedelissima della ministra della famiglia Roccella e vicecapo di Gabinetto del ministero della famiglia, che ricordiamo per la sua battaglia contro la pillola abortiva Ru486. E ancora, sull’aborto. Non possiamo infatti dimenticare, in questa nostra triste analisi, l’emendamento al PNRR, approvato sia dalla camera che dal senato, che prevede la possibilità, per le Regioni, di avvalersi di gruppi dichiaratamente contrari all’aborto all’interno dei Consultori e i cui effetti cominciano già a vedersi, come in Lombardia, dove il sottosegretario Mauro Piazza, in risposta a una interrogazione per chiedere chiarimenti da parte della regione proprio rispetto all’emendamento, ha risposto che “la regione Lombardia intende avvalersi di tutte le possibilità per contrastare la denatalità, tra cui l’integrazione delle nuove opportunità concesse dalla normativa di recente applicazione”. Non ancora pago, il 17 maggio 2024, in occasione della giornata mondiale contro l’omolesbobitransfobia, il governo ha pensato bene, insieme a pochi tristi Stati sodali, di non firmare la “dichiarazione per la promozione delle politiche europee a favore delle comunità LGBTQ+”, ennesima dimostrazione della violenza vergognosa che continua sempre più ad affermarsi nel nostro paese, che punisce le persone deboli, oppresse, discriminate e protegge invece politici, ricchi e potenti. È frustrante rendersi conto di quanto sottile e allo stesso tempo pervasiva sia la capacità del governo di rendere accettabile una evidente violazione della libertà e del diritto.
Alcuni esempi? Al programma di La7 Non è l’Arena, la presidente Meloni ha affermato molte volte: «Non intendo abolire la legge 194. Non intendo modificare la legge 194. In che lingua ve lo devo dire?». Meloni dice a più riprese di voler applicare pienamente la legge 194, e anzi, rafforzarla. Rafforzarla “a partire dalla prevenzione”, come troviamo scritto nel programma politico di Fratelli d’Italia, promuovendo di fatto il libero accesso, nei consultori, ai movimenti e alle associazioni antiabortiste, associazioni al soldo del patriarcato e a delinquere, in quanto intrinsecamente violente nei confronti delle persone con utero. Sagace, non c’è che dire, sostenere il testo di una legge ostacolandone poi, di fatto, l’applicazione. E potremmo continuare con pagine di denuncia su quanto accaduto in quest’anno: la lista è interminabile, perché la volontà di sovvertire l’arco costituzionale della Repubblica è stata ormai esplicitata, da questo governo, con i fatti: l’autonomia differenziata, la proposta del premierato, tutte strade che portano verso l’impoverimento della nostra democrazia, se non ad altre aberrazioni. Anche perché sembra, ora, che dichiararsi antifascista sia diventato compromettente, quasi da vigliacchɜ, non da vere persone di destra, tanto che a domanda esplicita: “Presidente, lei oggi si sente un po’ antifascista?”, il presidente del senato Ignazio La Russa, invitato al Memoriale della Shoah da Liliana Segre, risponde: “non sviliamo queste occasioni con queste cose”. Per non parlare di Vannacci, dal suo libro alla sua elezione a parlamentare europeo come candidato della Lega con il più alto numero di voti ricevuti. Un personaggio talmente imbarazzante nelle sue dichiarazioni marcatamente estremiste che nemmeno Jean Philippe Tanguy, braccio destro di Marine Le Pen, lo vuole come vicepresidente del neonato gruppo sovranista “Patrioti d’Europa”.
Ma un governo in cui la presidente, e lɜ suɜ ministrɜ, non si dicono antifascistɜ ci restituisce, tristemente, la loro storia politica. D’altra parte, come può essere antifascista un governo che sostiene la guerra in Ucraina e che sostiene il genocidio del popolo palestinese da parte delle milizie israeliane? Contrariamente alla retorica imperante, FVG Pride vuole prendere una posizione netta sulla questione palestinese e rispetto alla lotta decoloniale in corso a Gaza e in tutta la Palestina storica: No Pride in Genocide. In connessione, infatti, con il movimento queer internazionale e la comunità ebraica antisionista, FVG Pride vuole rifiutare la strumentalizzazione dei corpi queer come strumento di colonizzazione e morte e la narrazione secondo cui noi, come comunità, dovremmo appoggiare il genocidio di un intero popolo perché l’esercito invasore sventola la bandiera arcobaleno sulle macerie di una terra distrutta. La sessualità è usata per rafforzare l’oppressione coloniale e il colonialismo per rafforzare la normatività del genere/sessualità. La lotta palestinese non solo è una lotta di resistenza giusta a cui offrire il nostro appoggio solidale come comunità queer e come FVG Pride, ma una lotta di cui ci sentiamo parte contro la costruzione coloniale del genere. La narrazione che vuole la comunità queer palestinese “emancipata” sotto l’egida di Israele è presto smontata: le bombe a grappolo, gli ospedali in fiamme, i carri armati non si fermano davanti ai corpi queer, li annientano come tutti gli altri. Come FVG Pride, come comunità queer, come soggettività oppresse che hanno fatto propria la memoria storica subalterna non possiamo rimanere indifferenti. Abbiamo vissuto sulla nostra pelle la segregazione sessuale, la violenza quotidiana verso le nostre esistenze e pertanto abbiamo la responsabilità storica e politica di prendere una posizione netta contro la pulizia etnica e l’eliminazione fisica e politica di un’altra comunità marginalizzata. Pertanto, questo Pride non potrà che avere anche i colori della Palestina libera dall’apartheid, dalla violenza coloniale e autodeterminata dalla riva fino al mare, perché se non esiste autodeterminazione dei corpi senza autodeterminazione dei territori, allora non potrà esistere l’autodeterminazione dei corpi queer palestinesi senza l’autodeterminazione della Palestina.
La precedente, seppur breve, carrellata di esempi che dimostrano l’aperta ostilità di questo governo nei nostri confronti, ci restituisce il riflesso di una situazione esasperata, in cui vi è un’escalation di normalizzazione della violenza e della discriminazione che ci preoccupa tanto da non poter rinunciare a manifestare, aspettando il 2025, ma che ci spinge subito nelle piazze e nelle strade. In questo Paese in cui l’attivismo viene criminalizzato e vengono limitati gli spazi di protesta, è la piazza il nostro modo di esprimere dissenso e rivendicare le istanze comprese in questo manifesto politico. Le sfilate a squadroni con addio ai camerata caduti a suon di “Presente!” e saluto romano vanno bene, vanno bene sempre e senza polizia in assetto antisommossa. I cortei per chiedere equità e diritti creano disagio alla viabilità, alle attività commerciali, compromettono il turismo, disturbano la quiete pubblica e non sono decorosi. Questo momento di esplicito contrasto da parte della politica nei confronti della nostra comunità, ci esorta a mettere in gioco le nostre esistenze e a portare al centro dell’opinione pubblica le nostre convinzioni e le nostre ferme rivendicazioni. Siamo fortemente convintɜ della trasversalità delle nostre richieste: per noi le lotte contro sessismo, razzismo e xenofobia, stigmatizzazione dei disturbi mentali, delle neurodiversità e delle disabilità, grassofobia e intolleranza religiosa sono altrettanto importanti quanto la lotta all’omo-lesbo-bi-a-transfobia. L’associazione FVG Pride, davanti a un governo che ha come valore la disumanità, vuole restare umana, e orgogliosamente antifascista, e per creare insieme un mondo equo in cui tuttɜ siano liberɜ di essere se stessɜ e vivere in armonia, con dignità e senza il timore di rappresaglie o discriminazioni, chiede:
GIÙ LE MANI DALLE FAMIGLIE
Riconoscimento legislativo e sociale delle relazioni
Non garantendo alle coppie dello stesso genere l’accesso al matrimonio egualitario, la legge italiana favorisce un principio antidemocratico e discriminatorio. Esigiamo una modifica dell’articolo 143 del Codice civile: è fondamentale che lo Stato attualizzi l’arcaico e discriminatorio istituto del matrimonio civile, rivedendone i principi fondanti, cassando le norme dal retaggio patriarcale ed estendendolo alle persone in una relazione non-eterosessuale. Chiediamo, inoltre, di riconoscere e considerare come legittime le relazioni poliamorose e le non-monogamie etiche, tutelandone in ambito legislativo diritti e doveri al pari di quelle di coppia. Infine, esigiamo che i matrimoni celebrati all’estero tra cittadinɜ italianɜ e stranierɜ siano trascritti nei registri dei matrimoni dei Comuni e non nei registri delle unioni civili, degradandone diritti e tutele.
Sostegno alle famiglie
Chiediamo che la Regione FVG istituisca in tutto il territorio, e non solo presso i capoluoghi di provincia, centri di sostegno familiare presso i quali le famiglie delle persone LGBTQIA+ possano rivolgersi per ricevere informazioni, aiuto e supporto. Chiediamo inoltre che il personale socio-sanitario e lɜ medichɜ di medicina generale vengano formate in modo da poter fornire le informazioni necessarie alle famiglie e allɜ giovani sia nell’ambito della cura e della prevenzione, che nel processo di crescita sessuale e affettiva, con particolare attenzione e inclusione alle sessualità non cis-etero. Chiediamo che vengano istituiti il congedo di genitorialità obbligatorio per i primi sei mesi di vita dellɜ neonatɜ dedicato a padri e madri (e anche al genitore cosiddetto intenzionale) garantendo il 100% dello stipendio e un fondo regionale destinato al sostegno alle famiglie, proporzionato alla dichiarazione dei redditi. Chiediamo inoltre che vengano aumentati in maniera sostanziale i finanziamenti dedicati al mantenimento e all’implementazione degli asili nido pubblici e della scuola dell’infanzia, consentendo allɜ genitorɜ e alle figure parentali che lo desiderano di non rinunciare alla propria attività lavorativa. Chiediamo che vengano incentivate altre modalità di concepire il lavoro, come il lavoro agile con flessibilità oraria e il lavoro a progetto. Parimenti, chiediamo che vengano incentivate altre modalità di concepire la scuola, come quella parentale o le scuole di prossimità, integrandole con i servizi territoriali e favorendo i piccoli centri lontani dalle principali città regionali arginandone lo spopolamento.
Adozione e famiglia
Il concetto di “famiglia” alla base di ogni istituto giuridico si rivela essere datato ed incompatibile con la realtà dei fatti. Riteniamo che oggi si possa parlare di diversi tipi di “famiglia” o più propriamente di diversi modi di vivere le relazioni affettive e/o sociali, monogame oppure no, nondimeno degne di considerazione e tutele. Nella nostra comunità c’è un’enorme ricchezza di relazioni di affetto, di cura e di solidarietà. Pertanto, chiediamo che nella definizione di famiglia e siano comprese le famiglie poliamorose, con l’obiettivo di creare possibilità di esistenza, materiale e giuridica, per una vita ricca di relazioni diverse, pratiche di condivisione diffuse, modi più equi di distribuire il lavoro di cura. La legge 76/2016 non prevede il riconoscimento automatico della prole, lasciando le famiglie omogenitoriali in una situazione di precarietà legale. Chiediamo pertanto il recepimento del regolamento approvato dalla Commissione Europea a dicembre 2022 che impone la tutela delle famiglie omogenitoriali. Uno degli articoli, in particolare, tutela il riconoscimento dellɜ figliɜ di coppie LGBTQIA+: se riconosciutɜ come tali da 1 dei 27 Paesi dell’Unione Europea, tale riconoscimento dovrà essere riconosciuto anche in tutti gli altri Stati membri. Chiediamo che lo Stato italiano garantisca ad ogni genitore di poter riconoscere alla nascita lɜ proprɜ figliɜ, anche natɜ all’estero. Ciò include il riconoscimento possibile per entrambe le persone della coppia omogenitoriale: chiediamo il diritto all’adozione piena e legittimante anche da parte del genitore sociale, e che sia tutelato anche nei casi di una separazione. Chiediamo una completa revisione della legge in materia di adozioni, ferma al 1983. In particolare, chiediamo che lo Stato italiano consenta l’adozione di minori da parte di persone singole, di coppie o di famiglie poliamorose, a prescindere dall’identità di genere e dall’orientamento sessuale. Infine, chiediamo che ci siano una discussione e una revisione degli istituti giuridici legati al tema della famiglia e a tutto ciò ivi connesso (si pensi, ad esempio, al vincolo di “affinità”), nonché la revisione di termini giuridici anacronistici come “… il buon padre di famiglia”.
Garanzie interruzione volontaria di gravidanza (IVG) e cure riproduttive
Non è accettabile che in un Paese come l’Italia una legge approvata più di quarant’anni fa, quella che consente alle persone con utero di ricorrere alla IVG in una struttura pubblica, non trovi ancora la sua piena applicazione. Abbiamo lottato per ottenere questo diritto, costantemente criticato anche dopo il suo riconoscimento parlamentare, ed è bene ricordare che l’88% dellɜ cittadinɜ si è opposto alla cancellazione di questa legge nel corso di un referendum popolare. In Italia (dati dell’Istituto Superiore di Sanità del maggio 2022 relativi al 2020) il 64,6% dellɜ ginecologhɜ, il 44,6% dellɜ anestesistɜ e il 36,2% del personale non medico si dichiarano obiettorɜ di coscienza, con ampie variazioni regionali. L’accesso all’IVG per le persone con utero, e in particolare per le persone queer, viene costantemente ostacolato, se non addirittura negato, rendendo drammatico e umiliante un percorso di per sé spesso difficile da intraprendere, poiché la stragrande maggioranza del personale sanitario non è formato né informato rispetto ai bisogni sessuali e riproduttivi delle persone LGBTQIA+. Non sono inoltre previsti servizi pubblici che si occupino della presa in carico del desiderio di genitorialità dei singoli e delle coppie queer. Chiediamo che venga garantita la piena applicazione della Legge 22 maggio 1978 n. 194 e che siano potenziati i consultori del territorio, per garantire l’accesso libero e gratuito alle cure e all’interruzione volontaria di gravidanza. Chiediamo, inoltre, l’abolizione dell’obiezione di coscienza nei presidi pubblici o che sia perlomeno sempre garantito in ogni ospedale un numero di medicɜ e infermierɜ non obiettorɜ congruo ad assicurare il servizio sanitario di interruzione della gravidanza in qualsiasi momento, entro i limiti imposti dalla normativa vigente. Difendiamo il principio secondo cui tutte le persone con utero hanno diritto di scegliere, in assenza di controindicazioni ed entro la nona settimana di gravidanza, il metodo farmacologico per l’IVG (RU-468). È per noi irrinunciabile che venga rispettata la volontà di autodeterminazione delle persone con utero e il diritto di ciascunə di scegliere come disporre liberamente del proprio corpo. Chiediamo di abolire la legge che permette la presenza di “associazioni prolife” all’interno dei consultori in modo da concedere un percorso che possa risultare il meno traumatico possibile e contestualmente, il diritto alla contraccezione gratuita in tutto il territorio nazionale. Riteniamo inoltre fondamentale e imprescindibile che chiunque acceda ad un servizio sanitario pubblico che si occupa di salute sessuale e riproduttiva, quali i consultori regionali o gli stessi reparti ospedalieri, venga accoltə, ascoltatə e presə in carico da personale medico-sanitario non giudicante, informato, aggiornato e competente rispetto alle tematiche sessuali e riproduttive specifiche riguardanti le persone LGBTQIA+. Inoltre, chiediamo norme che prevengano e contrastino la violenza ginecologica e ostetrica, affinché ogni atto medico sia adeguatamente spiegato e in ogni caso preceduto da un esplicitato consenso informato, nella piena applicazione delle raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (1985) e il riconoscimento da parte del Servizio Sanitario Nazionale di vulvodinia, neuropatia del pudendo, endometriosi di I e II stadio, adenomiosi e fibromialgia come malattie croniche e invalidanti e l’inserimento di vulvodinia, neuropatia del pudendo e fibromialgia nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). Nondimeno, chiediamo che sia reso obbligatorio e garantito un percorso di formazione che tratta le tematiche sessuali e riproduttive specifiche riguardanti le persone LGBTQIA+ a tutto il personale sanitario e non dedicato e che lo stesso sia in grado di fornire informazioni cliniche e supporto psico-sociale relativamente alle tecniche di procreazione medicalmente assistita dedicate alle persone LGBTQIA+. Infine, chiediamo che all’interno dei percorsi di affermazione di genere venga discusso e tutelato il diritto di riproduzione e genitorialità delle persone trans e non binaria e che tutti i servizi dedicati rispettino puntualità e disponibilità.
Modifica della legge n. 40/2004 – Procreazione medicalmente assistita
Chiediamo l’abrogazione dell’articolo 4 della legge n. 40/2004 per consentire l’accesso alla procreazione medicalmente assistita (PMA) a tutte le persone, singole o in coppia, indipendentemente dall’identità di genere e/o dall’orientamento sessuale, favorendo la tutela di tutte le genitorialità.
Accesso alla GPA regolamentata
È giunto il momento che, anche in Italia, si avvii un dibattito laico e informato sulla Gestazione Per Altre Persone. Non accettiamo più narrazioni parziali o distorte, ma chiediamo un confronto serio sul tema, scevro da ogni ideologia e strumentalizzazione. Rifiutiamo categoricamente il tentativo di riconoscere la GPA come “reato universale” da parte di questo governo e, anzi, chiediamo allo Stato italiano di approvare una legge che regolamenti la pratica della Gestazione per altrɜ, nell’ottica della difesa e del sostegno dell’autodeterminazione della persona, laddove siano coinvolte persone adulte, singole o in coppia, consenzienti e capaci di intendere e di volere, le quali decidono di intraprendere un percorso non lesivo della dignità e della libertà di tutte le parti, così come già avviene in altri Paesi come, ad esempio, Regno Unito, USA o Canada. Esigiamo, inoltre, che gli ordini professionali intervengano nelle sedi competenti in caso di notizie false o antiscientifiche.
SEX WORK IS WORK
Regolamentazione del lavoro sessuale
Chiediamo che il sex work volontario fra persone adulte e autodeterminate venga decriminalizzato. Lo stato non può continuare ad ignorare una realtà che coinvolge migliaia di lavoratorɜ e milioni di clienti abbandonando tutto ciò nell’illegalità. A chi svolge volontariamente questo lavoro, lo Stato deve garantire il diritto al welfare, alla salute e alla sicurezza, nel rispetto dei Diritti Umani e della Dignità come per ogni altrə lavoratorə. Dal momento che la maggioranza dellɜ sex workers in Europa sono persone migranti in situazione di vulnerabilità e che si confrontano ogni giorno con la violazione dei loro diritti umani a causa delle leggi sull’immigrazione, delle leggi contro la prostituzione e di politiche ostili verso le persone LGBTQIA+, è necessario garantire supporto allɜ sex workers, allo scopo di evitare che queste persone subiscano una multipla discriminazione a causa della loro situazione di persone migranti, rifugiate o LGBTQIA+; in questo senso, è urgente garantire loro accesso alla giustizia, all’ottenimento dei documenti e al lavoro, togliendolɜ dalla clandestinità. Il sex work può essere decriminalizzato senza rinunciare alla lotta alla tratta, allo sfruttamento e ad ogni aspetto di violenza, che invece vanno colpiti duramente. Rivendichiamo inoltre il diritto alla genitorialità per lɜ sex workers, e chiediamo, in ambito medico-sanitario, servizi che siano disponibili, accessibili ed efficienti nel campo della prevenzione della gestione delle IST, della PREP e delle terapie ormonali e che vengano implementati servizi a bassa soglia per il benessere psicologico dellɜ sex workers. Lɜ sex workers stanno, attualmente, pagando un prezzo troppo alto, che va da atti di estrema violenza, fino alla morte. Riteniamo inaccettabile che lo Stato non prenda una posizione rispetto a questi crimini di chiara matrice d’odio e chiediamo che si esponga condannandoli duramente.
ORA E ANCORA RABBIA TRANS
Autodeterminazione e riconoscimento delle persone transgender, non
binarie, queer e intersex
Chiediamo il riconoscimento, da parte dello Stato, del diritto all’identità di genere e all’autodeterminazione delle persone transgender, non-binarie, queer e intersex. Pretendiamo l’aggiornamento dei campi dei documenti anagrafici: che si parli di “genere” e non di “sesso” nei documenti e che sia prevista almeno una terza opzione per le individualità che non si riconoscono nel binarismo di genere o la cui realtà fisiologica e fenotipica non sia ascrivibile a uno dei due poli. Auspichiamo un superamento della necessità di inserire l’indicazione di “sesso” e “genere” nei documenti, anche al fine di smantellare quel sistema di aspettative sociali, stereotipi e discriminazioni legato alla sua presenza: eventuali indicazioni fisiologiche dovrebbero essere esplicitate solamente in campo sanitario. Chiediamo, inoltre, che la rettifica dei dati anagrafici per le persone transgender o non binarie, sia svincolata dalla volontà di sottoporsi o meno a trattamenti medici ormonali o chirurgici e da un’autorizzazione del tribunale.
Depatologizzazione del transgenderismo
Pretendiamo che tutti i manuali diagnostici e le associazioni di professionistɜ della salute rimuovano il “Transgenderismo”, e la “Disforia di Genere” dalla lista delle malattie mentali, seguendo l’esempio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Chiediamo inoltre che venga istruito il personale medico-sanitario e che venga creata una rete collaborativa regionale.
Garanzia dell’identità alias negli Enti Pubblici
Chiediamo che ogni Ente Pubblico o Pubblica Amministrazione, comprese le Università degli Studi di Udine e di Trieste, garantisca l’identità alias per il proprio personale e per lɜ studenti transgender e/o non binariɜ. Essa consiste nell’avere il proprio nome e il proprio genere di elezione al posto dei rispettivi dati anagrafici in ogni documento o indirizzo, f isico o digitale, in cui essɜ appaiono. Chiediamo inoltre che i regolamenti non patologizzino né richiedano diagnosi. Riteniamo che il dead-naming, ossia la pratica di rivolgersi volontariamente a una persona tramite il nome anagrafico abbandonato anziché con il nome di elezione, deve essere scoraggiata e perseguita e chiediamo che il percorso di richiesta della carriera alias sia esplicato in maniera semplice ed accessibile e seguito da figure addette e preparate sull’argomento.
Seggi elettorali accessibili e inclusivi per le identità Trans*
Chiediamo che i seggi elettorali vengano resi inclusivi, accessibili e rispettosi per tutte le identità trans. Le procedure di voto previste dall’Art. 5 del DPR n° 223 del 20 marzo 1967, che prevedono la divisione dei seggi in file elettorali divise per genere maschile e femminile, infatti, rappresentano, ad oggi, una limitazione all’esercizio del diritto di voto per migliaia di persone transgender e non binarie costringendole a coming out forzati, che risultano inoltre lesivi della loro privacy, come disciplina l’Art. 9 del Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR). Costringere la comunità trans a coming out forzati in ambienti non preparati ad accoglierli significa esporre le persone alla non remota possibilità di divenire bersaglio di ostilità, discriminazioni e violenza in virtù della propria identità di genere, compromettendo, in questo modo, il loro diritto al voto. Chiediamo, inoltre, che vengano velocizzate le procedure di rettifica anagrafica dei documenti. Migliaia di persone aventi diritto al voto in questo momento in Italia non sono in possesso di documenti conformi alla propria identità, questo a causa dell’ormai obsoleta legge 164 del 1982 che regola in Italia il processo di rettifica anagrafica dei documenti e richiede alle persone lunghi tempi della burocrazia nei tribunali italiani (e in particolare regionali) per poter ottenere un documento che le riconosca nei propri rapporti sociali quotidiani.
Linguaggio ampio e plurale
Chiediamo che venga posta, all’interno di tutte le istituzioni (compresi gli enti pubblici), particolare attenzione ad un uso del linguaggio che sia il più ampio possibile e che preveda le diverse singolarità, soprattutto all’interno dei documenti e delle comunicazioni più istituzionali. Siamo infatti consapevoli che il linguaggio è tra gli strumenti più potenti e performanti di conservazione del patriarcato e nella lotta alla diseguaglianza e allo smantellamento di quei paradigmi che contestiamo, debba giocare un ruolo di fondamentale importanza. Chiediamo che si faccia formazione all’uso del linguaggio ampio nelle scuole perché sappiamo che, sebbene la maggior parte delle discriminazioni siano veicolate capillarmente e ad ampio raggio da tutta la società e dai suoi simboli, esse si tramandano e si trasmettono, in prima istanza, all’interno dei nuclei familiari e nei primi anni di scolarizzazione, proprio attraverso il linguaggio. È il linguaggio, attraverso contenuti e rappresentazioni, il primo strumento di persuasione per la discriminazione. Chiediamo infine che ci si adoperi per far cessare l’utilizzo del linguaggio che intende esprimere odio e/o violenza verso una persona o un gruppo di persone, sulla base di caratteristiche come la provenienza, la religione, il sesso, il genere o l’orientamento sessuale (hate speech).
TOCCANO UNə, TOCCANO TUTT3
Liberazione della Palestina e del popolo palestinese
FVG Pride vuole condannare ogni forma di violenza in quanto tale e ripudiare la guerra come strumento di oppressione, con la convinzione che sia ora più che mai necessario leggere i conflitti attuali in chiave intersezionale, come nuove forme di colonizzazione. Noi riteniamo infatti che un trans-femminismo che si possa definire tale debba amplificare i diritti e le voci di una società collettiva che va oltre il femminismo del sesso sicuro e delle volubili pretese di liberazione. In particolare, FVG Pride sostiene la causa del popolo palestinese per il proprio diritto all’autodeterminazione, condanna ogni atto di violenza e chiede il cessate il fuoco e la liberazione di ostaggi e prigionierɜ. Sappiamo e abbiamo imparato a comprendere che esiste un odio istituzionalizzato, insegnato e promosso da chi, da esso, ha tutto da guadagnarci, e un odio viscerale e naturale che scaturisce in chi, invece, non ha più nulla da perdere. Per troppo tempo ci è stato fatto credere che il secondo alimentasse il primo, ma ora comprendiamo che è vero il contrario. Abbiamo assistito a come la narrativa dominante, in relazione alla questione palestinese, abbia distorto la realtà, raccontandoci da un lato il terrorismo dellɜ oppressɜ e, dall’altra, le operazioni di terra dellɜ oppressorɜ. Siamo esasperatɜ dall’inefficacia del diritto internazionale, che per lɜ palestinesi sembra un arto fantasma: pare esista, ma è in realtà assente in un sistema coloniale, patriarcale e razzista dove i diritti di alcunɜ sono inesistenti di fronte agli interessi dei poteri forti. Sappiamo che non si può parlare di pace senza giustizia e che non esiste giustizia senza diritto al ritorno: vogliamo perciò gridare più forte affinché il nostro grido accompagni e inglobi quello di tutte le persone palestinesi. Contestualmente chiediamo, alla regione Friuli-Venezia Giulia, alle sue Università e ai suoi enti locali, di prendere posizione rispetto al genocidio che è in atto, condannando le atrocità commesse dallo Stato di Israele e del relativo apparato militare a danno dello Stato palestinese e dellɜ suɜ cittadinɜ sino ad oggi uccisɜ, ma anche il terrorismo di qualsiasi matrice, il sistema segregazionista imbastito dal governo israeliano, i ripetuti crimini di guerra e contro l’umanità, le violazioni delle risoluzioni delle Nazioni Unite da parte del governo israeliano e in definitiva, i tentativi di pulizia etnica sulla popolazione palestinese. Chiediamo inoltre che le stesse istituzioni esprimano solidarietà alla popolazione palestinese, da mesi vittima di pesanti attacchi militari da parte dello Stato di Israele, che colpisce obiettivi anche non militari come ospedali, università, campi profughi e giornalistɜ. Infine, chiediamo il boicottaggio di tutte le istituzioni sportive, culturali e accademiche israeliane complici e di tutte le aziende israeliane e internazionali coinvolte nelle violazioni dei diritti umani delle persone palestinesi e il ritiro del sostegno al regime di apartheid israeliano, anche attraverso campagne di disinvestimento e di sanzioni che coinvolgano le banche, i consigli locali, le chiese, i fondi pensione e le Università.
Contrasto alla violenza della polizia e tutela del diritto di manifestazione
È sotto gli occhi di tuttɜ che, da diverso tempo, la risposta a tutte le forme di dissenso, comprese quelle pacifiche e non violente, sia l’uso estremo della violenza da parte delle forze dell’ordine. Come FVG Pride ci opponiamo fermamente a ogni forma di riduzione del diritto a manifestare il dissenso e denunciamo con forza ogni forma di abuso e violenza da parte delle forze dell’ordine. Chiediamo l’adozione del numero identificativo per le forze dell’ordine in servizio, al fine di poter identificare con maggior chiarezza e precisione in sede giudiziaria lɜ agenti che hanno compiuto eventuali reati o hanno abusato della propria posizione. Inoltre, pretendiamo la fine della militarizzazione dello spazio pubblico, per garantire il libero diritto di manifestazione ed espressione e il finanziamento di percorsi di formazione, psicologica, linguistica e sociologica, per il personale di polizia e le forze dell’ordine sui temi della violenza di genere e delle discriminazioni nei confronti delle persone LGBTQIA+. Chiediamo, infine, una democratizzazione delle forze di polizia e la rivendicazione del libero diritto di manifestare, attraverso l’eliminazione di ogni pratica burocratica che lo ostacola.
Centri antiviolenza e centro permanente antiviolenza LGBTQIA+
Molte forme di discriminazione sono figlie della stessa cultura machista e patriarcale che nutre la violenza maschile, di genere e domestica. Come FVG Pride, pretendiamo politiche culturali e sociali efficaci a contrasto di questo fenomeno, che siano strutturali e che non affrontino il tema solo in forma emergenziale in risposta a fatti o delitti di grande risonanza mediatica. Chiediamo sostegno e adeguato finanziamento all’attività dei centri antiviolenza, delle case rifugio e delle realtà che supportano gli uomini nel superamento del modello patriarcale e maschilista. Chiediamo, inoltre, che la Regione Friuli-Venezia Giulia, in concerto con le realtà competenti del territorio, implementi finanziamenti e risorse dei centri antiviolenza tutt’ora esistenti sul territorio regionale e crei, prevedendo un finanziamento stabile, un centro permanente antiviolenza regionale che accolga e fornisca informazioni utili e servizi specifici di assistenza dedicato esclusivamente alle vittime di violenza omolesbobitransfobica. Chiediamo poi il finanziamento stabile di una casa di accoglienza temporanea per persone LGBTQIA+ che abbiano subito discriminazioni o violenze e/o si ritrovino in situazione di estrema vulnerabilità, gestita da persone esperte di tematiche LGBTQIA+, sulla base del modello di eccellenza territoriale che è stato il progetto Villa CARRA. All’interno di questo luogo, queste persone potrebbero ricevere il supporto necessario a riprendersi e ricostruire le capacità per ritrovare la propria autonomia. Chiediamo che le rappresentanze istituzionali coinvolte nella gestione degli episodi di violenza di genere e omoloesbobitransfobica (forze dell’ordine, dipendenti pubblici, assistenti sociali, personale medico e sanitario), vengano adeguatamente formati e sensibilizzati rispetto ai temi sopra descritti. Contestualmente, chiediamo che anche lɜ operatorɜ dei centri antiviolenza ricevano un’adeguata formazione. Riteniamo infine irrinunciabile l’inserimento dell’educazione all’affettività, alla sessualità e all’emotività all’interno dei programmi formativi scolastici di ogni ordine e grado, adattandoli allo sviluppo cognitivo delle relative fasce d’età e riteniamo necessario che negli ambienti lavorativi siano previsti incontri di sensibilizzazione sui temi della violenza di genere e dell’omolesbobitransfobia.
ÁNCORA I (TUOI) DIRITTI
Rete RE.A.DY.
Molte forme di discriminazione sono figlie della stessa cultura machista e patriarcale che nutre la violenza maschile, di genere e domestica. Come FVG Pride, pretendiamo politiche culturali e sociali efficaci a contrasto di questo fenomeno, che siano strutturali e che non affrontino il tema solo in forma emergenziale in risposta a fatti o delitti di grande risonanza mediatica. Chiediamo sostegno e adeguato finanziamento all’attività dei centri antiviolenza, delle case rifugio e delle realtà che supportano gli uomini nel superamento del modello patriarcale e maschilista. Chiediamo, inoltre, che la Regione Friuli-Venezia Giulia, in concerto con le realtà competenti del territorio, implementi finanziamenti e risorse dei centri antiviolenza tutt’ora esistenti sul territorio regionale e crei, prevedendo un finanziamento stabile, un centro permanente antiviolenza regionale che accolga e fornisca informazioni utili e servizi specifici di assistenza dedicato esclusivamente alle vittime di violenza omolesbobitransfobica. Chiediamo poi il finanziamento stabile di una casa di accoglienza temporanea per persone LGBTQIA+ che abbiano subito discriminazioni o violenze e/o si ritrovino in situazione di estrema vulnerabilità, gestita da persone esperte di tematiche LGBTQIA+, sulla base del modello di eccellenza territoriale che è stato il progetto Villa CARRA. All’interno di questo luogo, queste persone potrebbero ricevere il supporto necessario a riprendersi e ricostruire le capacità per ritrovare la propria autonomia. Chiediamo che le rappresentanze istituzionali coinvolte nella gestione degli episodi di violenza di genere e omoloesbobitransfobica (forze dell’ordine, dipendenti pubblici, assistenti sociali, personale medico e sanitario), vengano adeguatamente formati e sensibilizzati rispetto ai temi sopra descritti. Contestualmente, chiediamo che anche lɜ operatorɜ dei centri antiviolenza ricevano un’adeguata formazione. Riteniamo infine irrinunciabile l’inserimento dell’educazione all’affettività, alla sessualità e all’emotività all’interno dei programmi formativi scolastici di ogni ordine e grado, adattandoli allo sviluppo cognitivo delle relative fasce d’età e riteniamo necessario che negli ambienti lavorativi siano previsti incontri di sensibilizzazione sui temi della violenza di genere e dell’omolesbobitransfobia.Chiediamo un’ampia adesione alla Rete Re.a.dy, la Rete Anti Discriminazione per le Pubbliche Amministrazioni, che è un’iniziativa diffusa dal Comune di Torino e che prevede, tramite un coinvolgimento orizzontale delle pubbliche amministrazioni, la condivisione di buone prassi inerenti alle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e l’identità di genere. Far parte della struttura non comporta alcun onere economico, ma solo l’impegno annuale di organizzare un evento volto alla sensibilizzazione e alla divulgazione dei temi trattati dalla Rete stessa. A partire dal 2018, sia la Regione Friuli-Venezia Giulia che il Comune di Trieste sono usciti dal circuito senza fornire un valido motivo, creando un evidente vuoto di garanzie per qualsiasi minoranza. Reclamiamo una rinnovata adesione, sia dalla Regione che dal Comune di Trieste, per la promozione di una cultura sociale attiva nella lotta alle discriminazioni e nella valorizzazione delle differenze; invitiamo inoltre i Comuni della regione non aderenti a far parte della rete.
Legge contro l’omolesbobitransfobia
Chiediamo una legge che condanni l’omolesbobiatransfobia, che equipari l’odio omolesbobiatransfobico alle aggravanti discriminatorie e di odio costituzionalmente previste (quale ad esempio il razzismo) e che preveda azioni positive, migliorative e di tutela dell’identità delle persone LGBTQIA+. È necessario vietare le terapie riparative: la letteratura scientifica in merito ha dimostrato che non hanno alcun fondamento scientifico e che, anzi, hanno conseguenze negative gravi per la salute mentale e fisica dellɜ utenti. L’individuo deve essere e sentirsi liberə di essere sé stessə all’interno della società, in piena coerenza con la propria identità di genere e il proprio orientamento sessuale, senza il timore che queste ultime vengano utilizzate come pretesto per agire violenza. Si deve inoltre vietare la propaganda anti-LGBTQIA+ in quanto non riconoscere una persona nella sua interezza comporta l’eliminazione della sua identità all’interno della società. L’omolesbobiatransfobia non è un’opinione e nessunə può arrogarsi il diritto di discriminare liberamente una fascia di popolazione.
Rispetto della laicità dello Stato
Esigiamo che lo Stato italiano garantisca la laicità dei suoi organi, affinché nessuna confessione religiosa o dellɜ funzionariɜ possano imporre un modello comportamentale, dettare scelte politiche o influenzare scelte giudiziarie che giustifichino pratiche sociali o atti discriminatori. Chiediamo inoltre che gli enti pubblici ribadiscano la propria indipendenza dalle religioni spogliandosi dei simboli di culto, come ad esempio i crocefissi nelle scuole, che attentano tanto contro la laicità dello Stato quanto al diritto alla libertà religiosa. Chiediamo che venga abrogato il Concordato; che venga riformato l’8×1000 affinché le scelte non espresse vadano esclusivamente allo Stato italiano a favore delle scuole pubbliche; che venga abolita l’ora di religione da sostituire con quella di educazione civica.
Garanzia dei diritti LGBTQIA+ in ambito penitenziario
Chiediamo che si garantisca che lɜ detenutɜ transgender vengano ospitatɜ nelle sezioni dedicate al proprio genere di elezione e non al genere anagrafico e che si creino e attuino programmi specifici di supporto per il reinserimento socio-lavorativo a fine sconto pena. Chiediamo anche che si garantisca il benessere psico-fisico dellɜ detenutɜ LGBTQIA+, favorendo iniziative di informazione e sensibilizzazione per dipendenti e detenutɜ al fine di prevenire situazioni discriminatorie, attivando campagne informative sulla salute e il benessere sessuale e applicando piani attuativi di prevenzione della violenza di radice omolesbobitransnegativa. Inoltre, chiediamo che venga garantita, per le persone che affrontano un percorso di affermazione di genere, la possibilità di ricevere tutta l’assistenza sociosanitaria e psicologica di cui necessitano.
Garanzia dei diritti all’autonomia delle donne
Chiediamo che venga rispettata la libertà di scelta e la libertà di autodeterminazione rispetto alla vita sessuale, riproduttiva e affettiva di tuttɜ. Per questo motivo chiediamo in particolare che cessino gli attacchi all’autodeterminazione delle donne, il più visibile bersaglio delle imposizioni eteropatriarcali ancora radicate nella società italiana. In particolare, chiediamo che cessino gli interventi legislativi per rendere più oneroso il divorzio e più difficile l’affidamento dellɜ figlɜ delle coppie separate e che non venga ostacolata in alcun modo l’interruzione volontaria di gravidanza, intervenendo anzi in senso migliorativo ed eliminando l’obiezione di coscienza nella sanità pubblica. Chiediamo inoltre che vengano aumentate le risorse per le istituzioni e le associazioni che si occupano di assistenza e salute delle donne e che ci sia una maggiore attenzione delle istituzioni all’eliminazione del gender gap. Da un punto di vista prevalentemente economico, chiediamo che si cominci a dare importanza, nelle discussioni pubbliche, ai dati relativi al gender pay gap “complessivo” e non soltanto a quello “grezzo”, che non comprende la valutazione dei dati relativi alla disoccupazione femminile e alla tipologia di contratto di lavoro. A livello lavorativo chiediamo che il lavoro domestico, incombenza “invisibile” che spesso è posto dalla nostra società sulle spalle delle donne, venga riconosciuto e riceva la dignità di lavoro. Esigiamo che lo Stato rifiuti nelle parole e nei fatti l’ideologia eteropatriarcale che impone alle donne l’unico ruolo possibile e subalterno di madri e mogli.
Garanzie per lɜ richiedenti asilo
La società occidentale si rappresenta come la patria dei diritti delle donne e delle minoranze sessuali e di genere, ma in Italia abbiamo una lista di paesi considerati “sicuri” dai quali non si ha diritto di scappare per motivi legati all’orientamento sessuale e al genere, paesi in cui l’omosessualità è reato e verso cui persone LGBTQIA+ richiedenti asilo vengono rimpatriate, oppure vengono spinte nella clandestinità, a lavorare in nero in condizioni disumane e di sfruttamento. Chiediamo che venga garantita sul territorio l’erogazione di servizi speciali di accoglienza per chi richiede la protezione internazionale ed è portatorə di esigenze particolari; questi servizi sono previsti dalle apposite normative nazionali ed europee anche per le persone LGBTQIA+ perseguitate nel loro paese d’origine a causa della loro identità di genere e del loro orientamento sessuale. Chiediamo inoltre che vengano rispettate le linee guida internazionali nelle commissioni territoriali, che non vengano tagliati i fondi destinati all’accoglienza e che sia garantito alle ONG di poter prestare la loro opera durante il soccorso. In più, chiediamo che vengano garantiti i processi di accoglienza, e che venga ripristinato il modello dell’accoglienza diffusa, dimostratosi virtuoso per l’integrazione nel tessuto sociale locale ed emulato in molte altre città. Esigiamo che vengano immediatamente smantellati i CPR, che sono una forma di detenzione che viola la dignità umana, a cominciare da quello ubicato a Gradisca d’Isonzo e che venga allo stesso tempo restituita la stessa dignità, in termini di tutela legale e della salute fisica e psicologica, alle persone lì detenute. Rispediamo al mittente la retorica dell’Occidente civilizzatore, che sbandiera istanze trans-femministe e queer solo per usarle contro le persone razzializzate, e ribadiamo che la lotta del movimento LGBTQIA+ è contro il razzismo sociale e di Stato.
Garanzia di diritti per le persone anziane LGBTQIA+
Le persone LGBTQIA+ senior sono tendenzialmente invisibili e la solitudine involontaria
per costoro è causata da tre fattori principali: la discriminazione sulla base dell’età,
quella basata sull’identità sessuale e quella sull’identità di genere. La prima, già diffusa
nella nostra società, ha un rilievo ancor più particolare nella comunità e nella cultura
LGBTQIA+, specialmente nell’ambiente maschile e per i grandi adulti over 60 che si
avviano alla terza età. Questi, infatti, si allontanano dalle logiche patriarcali, che vogliono
l’uomo sempre virile. La seconda e la terza portano con loro peculiarità che cambiano
f
isionomia in base alla maggiore o minore confidenza con cui l’individuə socializza la
propria identità sessuale e di genere; l’apparenza non può e non deve pregiudicare un
individuo, vincolandolə in uno stereotipo.
A ciò si aggiunge la fragilità potenziale di un supporto sociale che in Italia si basa spesso
sui legami famigliari di sangue, più inclini a sgretolarsi per le persone anziane LGBTQIA+
senza discendenti diretti.
Per questo motivo, chiediamo che lɜ caregivers e le organizzazioni che lavorano nella
tutela dell’invecchiamento abbiano fra le proprie competenze una formazione specifica
e una conoscenza approfondita delle peculiarità della condizione di persona anziana
appartenente alla comunità LGBTQIA+ e di conseguenza si attuino azioni mirate a
rispondere ai loro bisogni. Siamo figliɜ delle loro lotte per i diritti ed è necessario che ci
impegniamo a mantenere e migliorare le loro condizioni di vita affinché siano dignitose
nella società della quale siamo tuttɜ parte.
Garanzia di diritti per le persone LGBTQIA+ disabili
Rivendichiamo, sosteniamo e promuoviamo l’accessibilità e l’integrazione universale, in ogni sua declinazione, con particolare attenzione a rendere accessibili l’informazione, gli eventi e, soprattutto, i luoghi della comunità abbattendo tutte le barriere architettoniche, garantendo così una piena partecipazione delle persone disabili agli stessi. Chiediamo inoltre che nei centri e nelle strutture protette venga rispettato il diritto alla sessualità delle persone disabili fuori delle logiche di infantilizzazione e sia garantita, a prescindere dal proprio orientamento sessuale e dalla propria identità di genere, una completa educazione all’affettività e alla sessualità. Chiediamo, inoltre, che venga legalizzata e tutelata la figura dellə operatorə all’emotività, affettività e sessualità per persone con disabilità (OEAS). Infine, chiediamo che lɜ professionistɜ che lavorano in campo giornalistico siano attentɜ e sensibili ad utilizzare una terminologia corretta e rispettosa nei confronti delle persone disabili (riferimenti come “persona affetta/malata da…”, “costretta in carrozzina”, “portatrice di handicap”, sono tutti termini discriminatori).
Garanzia dei diritti delle persone neurodivergenti
Secondo Acanfora (2021), la neurodiversità è “la variabilità tra le differenti caratteristiche che costituiscono la neurologia di ciascuna persona.” In questa variabilità, esistono determinate caratteristiche che si presentano con una certa frequenza in alcune persone. Per circa l’80% della popolazione, possiamo parlare di sviluppo neurologico tipico, ovvero di un modo abbastanza omogeneo di percepire gli stimoli interni ed esterni, di elaborarli nel modo di relazionarsi a sé stessə e all’ambiente attraverso i comportamenti. Il restante 20% rappresenta le cosiddette neurodivergenze, ed è composto da quelle persone che hanno seguito uno sviluppo neurologico più o meno differente rispetto alla media. In questa categoria rientrano le persone autistiche, ADHD, dislessiche, disprassiche, tourettiche, discalculiche, disgrafiche, ecc. Alla luce di questo, chiediamo che si cessi di considerare la neurodivergenza solamente in senso medicalizzante e piuttosto la si riconosca come una specificità umana e non come una condizione da curare. Chiediamo inoltre che chi si trova, professionalmente o personalmente, ad interagire e/o a fornire servizi alle persone neurodivergenti riceva una formazione adeguata anche sulle questioni LGBTQIA+: all’interno della comunità LGBTQIA+, un numero rilevante di persone è anche neurodivergente. Queste due caratteristiche non possono quindi essere considerate singolarmente ma vanno affrontate in un’ottica intersezionale: non è possibile scorporarle proprio perché, le persone neuro-queer, si trovano a subire due tipi di discriminazione diversi, ma intrinsecamente collegati. Infine, chiediamo che anche negli istituti scolastici venga pensata ed effettuata una formazione specifica sulla neurodivergenza, dal momento che molte persone neurodivergenti si trovano a scoprire la propria condizione solo da adulte.
Legge sull’eutanasia e sul suicidio assistito
Dopo il riconoscimento del diritto di stilare le Dichiarazioni Anticipate di volontà nei Trattamenti sanitari e ancor più dopo la bocciatura del Referendum da parte della Corte costituzionale, chiediamo l’approvazione di una legge che garantisca allɜ cittadinɜ anche il diritto alla libera scelta per quanto riguarda il fine vita, affinché porre fine a sofferenze prolungate e accanimento terapeutico diventi una possibilità concreta.
Tutela del clima
Alla luce dell’emergenza climatica che stiamo attraversando, rivendichiamo un ripensamento delle priorità strategiche del Paese in termini di energia, struttura economica e produttiva, infrastrutture. Chiediamo politiche giuste di contrasto al cambiamento climatico nello spirito di quanto rivendicato dai movimenti ecologisti, come “Fridays For Future”, “Extiction Rebellion” e “Ultima Generazione”, nei cui obiettivi ci riconosciamo. Auspichiamo un impegno maggiore e concreto da parte delle istituzioni locali, nazionali ed europee nel prendere provvedimenti che tengano in considerazione le disparità economiche e sociali nell’accesso ai consumi.
ÁNCORA I (TUOI) DIRITTI
Garanzia dell’educazione alle differenze
Chiediamo che nel Piano Triennale dell’Offerta Formativa (PTOF) di ogni scuola pubblica sia garantita una vera educazione all’affettività, alla sessualità e al consenso, così come alle differenze, attuata di concerto con i soggetti competenti e adeguata all’età dellɜ studenti, che coinvolga anche le famiglie, improntata sui principi democratici del rispetto e dell’accoglienza di ogni diversità. Infatti, riteniamo che il primo passo per la comprensione sia l’educazione, in quanto è grave constatare che, nel 2024, sono molte le persone che non sanno il corretto significato delle parole lesbica, gay, bisessuale, transgender, non-binary, queer, intersex e asessuale. Riteniamo dunque doveroso che lo Stato fornisca allɜ proprɜ cittadinɜ gli strumenti culturali base per comprendere cosa siano le minoranze sessuali e di genere discriminate e a quali rischi vanno incontro le persone che ne fanno parte. Chiediamo inoltre che nel PTOF vengano elencate, tra i soggetti a maggior rischio di discriminazione, anche le identità LGBTQIA+ e venga preso l’impegno a promuovere il benessere psicofisico e a tutelare il pieno godimento del diritto all’istruzione dellɜ studenti LGBTQIA+. Chiediamo che il personale delle scuole pubbliche accolga e valorizzi tutte le esperienze familiari di provenienza dellɜ alunnɜ e che al corpo docente e amministrativo delle scuole sia offerta la formazione necessaria per trattare con rispetto lɜ studentɜ LGBTQIA+. Con “trattare con rispetto” intendiamo, ad esempio, creare degli spazi socializzanti di protagonismo dellɜ studentɜ, spazi aperti a tuttɜ, nei quali lɜ decenti possano partecipare solo con il consenso dellɜ studentɜ. Crediamo che spazi di questo genere siano non solo vantaggiosi per lɜ studentɜ, ma anche per lɜ docenti. Ricordiamo alla Regione FVG che il progetto “A scuola per conoscerci” è stato il perfetto esempio di questa buona pratica e che, nei suoi 15 anni di vita, si è dimostrato uno strumento utile ed efficace nella prevenzione e nel contrasto del bullismo omolesbobitransfobico nelle scuole della Regione: esigiamo che, in mancanza di altri strumenti che si dimostrino più efficaci, la Regione torni a finanziare il progetto così come gli altri progetti sulla stessa tematica e sull’educazione alle differenze. Allo stesso modo sollecitiamo che al resto dellɜ dipendenti pubblicɜ e in particolare allɜ lavoratorɜ degli uffici a diretto contatto con il pubblico, alle forze dell’ordine e al personale operante nei servizi sanitari, categorie più spesso a contatto diretto con lɜ cittadinɜ, sia offerta la formazione e/o l’aggiornamento necessari per trattare con rispetto e professionalità lɜ cittadinɜ LGBTQIA+, al fine di prevenire trattamenti discriminatori nelle Pubbliche Amministrazioni. Chiediamo, inoltre, che vengano istituiti nelle strutture scolastiche e universitarie alcuni bagni “neutri” / senza etichette, in modo tale che siano fruibili a tuttɜ in modo sicuro indipendentemente dal genere della persona che vuole utilizzarli. Chiediamo, infine, che il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca fornisca fondi specifici e incoraggi progetti di ricerca concernenti studi di genere e queer studies.
Rispetto del bi-multilinguismo in Regione
Chiediamo che in regione venga rispettato e implementato il bi-multilinguismo, così come previsto dalla normativa vigente. Il bi-multilinguismo è parte caratterizzante della nostra Regione ed è uno dei motivi che la rendono Regione Autonoma. Il rispetto per la multiculturalità e le differenze passa anche attraverso la lingua. Troppo spesso siamo testimoni di segnaletica stradale non bi multilingue o altri casi di traduzioni sbagliate, per non parlare dei comunicati degli enti pubblici e dei testi prodotti dai servizi pubblici che sono spesso e volentieri testi tradotti con vari motori di ricerca e risultano insensati e pieni di errori. Seppure negli ultimi anni siano stati fatti molti passi avanti verso un rispetto maggiore nei confronti delle varie minoranze linguistiche che compongono la nostra Regione, questi sforzi non bastano. Non si può continuare a imputare a ragioni economiche la mancanza e la bassa qualità delle traduzioni. Siamo una terra composta da tante realtà e minoranze. Il rispetto del bi multilinguismo deve diventare la base di partenza sulla quale costruire dei ponti. Troppo spesso assistiamo ad esempi di vandalismo dove le scritte slovene e friulane vengono macchiate e nascoste. Questi sono rimasugli di fascismo, di una società che ha paura della diversità e la combatte piuttosto che accoglierla e che non si rende conto di quanto la diversità la accresca.
STUF3 DI ESSERE PAZIENTI
Diritto alla salute psicologica, emotiva e mentale
Riteniamo che la salute emotiva e psicologica, come parte essenziale del diritto alla salute, sia un diritto inalienabile di tutte le persone e che debba essere garantita per tuttɜ l’accessibilità agli strumenti per tutelarla. Per troppo a lungo il nostro Stato e le istituzioni che ci governano hanno ignorato la questione dell’accessibilità alla salute psicologica, emotiva e mentale, creando delle grosse disparità a livello sociale. Queste problematiche sono accentuate per quanto riguarda la comunità LGBTQIA+, che, come le altre minoranze sociali, risente di uno stigma specifico legato al clima discriminatorio della nostra cultura. Sebbene nell’ultimo periodo siano state introdotte delle misure per semplificare l’accesso alla salute mentale, sia a livello nazionale che regionale, esse si sono dimostrate insufficienti rispetto alla domanda della popolazione e, quindi, inefficaci nel loro scopo. Ribadiamo, quindi, la necessità di strategie sistematiche che rivoluzionino l’accesso al diritto alla salute psicologica e sottolineiamo anche come troppo spesso lɜ espertɜ del settore presenti sia nella rete pubblica che in quella privata non siano formatɜ adeguatamente per potersi approcciare alle problematiche e ai bisogni delle minoranze sociali, fra cui la comunità LGBTQIA+. Per questo, chiediamo che siano potenziati gli attuali strumenti che dovrebbero garantire l’accesso alla salute psicologica e che lɜ espertɜ di questo settore vengano preventivamente formatɜ sulle tematiche LGBTQIA+.
Depatologizzazione dell’intersessualità
Pretendiamo che lo Stato italiano depatologizzi le varianti delle caratteristiche sessuali all’interno di linee guida e protocolli medici e che accetti l’intersessualità come variante naturale della fisiologia genitale.
Chirurgie correttive dell’intersessualità
Chiediamo che lo Stato dichiari come illegali le mutilazioni genitali e le cosiddette chirurgie correttive alla nascita, che costringono le persone intersex dentro un’etichetta decisa arbitrariamente dallɜ medichɜ. Qualsiasi intervento chirurgico o farmacologico volto a normalizzare un corpo che non rientra nelle tipiche nozioni binarie del maschile o femminile dev’essere permesso solo dopo aver ottenuto il consenso informato della persona interessata.
Coordinamento regionale IST e prevenzione strategica
La comunità LGBTQIA+ lotta per una sessualità libera, consapevole e informata per la quale i reparti IST delle Aziende Sanitarie presenti in Regione giocano un ruolo chiave. Per questo sollecitiamo la Regione Friuli-Venezia Giulia affinché aumenti i finanziamenti a tali reparti, specialmente per quanto riguarda la prevenzione, e promuova il coinvolgimento trasversale di tutte le professionalità sociosanitarie (medichɜ di medicina generale, infettivologhɜ, infermierɜ, chirurghɜ, educatricɜ, psicologhɜ). Chiediamo che si crei un coordinamento regionale dei reparti IST delle Aziende Sanitarie regionali con il proposito di offrire un servizio più efficiente e realizzare la prevenzione in modo strategico. Chiediamo anche che la Regione Friuli-Venezia Giulia conceda al Centro di Malattie Sessualmente Trasmissibili di Gorizia il riconoscimento, alla luce della sua eccellenza nella prassi e nella accoglienza dellɜ pazienti, di centro capofila del richiesto coordinamento. Chiediamo inoltre alla Regione Friuli-Venezia Giulia che siano create, finanziate, attivate e coordinate nuove campagne pubbliche di informazione sulle infezioni da HIV e sulle infezioni a trasmissione sessuale in generale, utilizzando soprattutto i social media attraverso i profili ufficiali delle Istituzioni regionali per capillarità ed efficacia. Contestualmente, chiediamo che sia promosso su larga scala il preservativo come strumento di prevenzione contro le IST. Chiediamo che vengano create anche campagne informative specifiche per promuovere i mezzi di prevenzione dell’HIV alternativi a quelli barriera come Prep (profilassi pre esposizione) e Pep (profilassi post esposizione). Chiediamo poi che la regione Friuli- Venezia Giulia si adoperi per rendere gratuiti condom, femidom e oraldam, e che venga prevista una forma di rimborso per rendere accessibile la Prep a tutte le persone a cui venga prescritta. Sollecitiamo un ampliamento dei servizi di prevenzione: che sia esteso e generalizzato il regime di anonimato e gratuità dei test per le IST più comuni come gonorrea, epatiti e sifilide, e che il servizio sia offerto con maggiore visibilità; che sia promosso il test rapido per l’HIV; che sia offerto attivamente il test HIV community-based in luoghi non convenzionali in ottica CBvCT (Community-Based voluntary Counselling and Testing) e secondo il protocollo HIV CoBATEST a popolazioni maggiormente esposte all’HIV (MSM – Maschi che fanno sesso con Maschi, IDU – chi usa droghe iniettabili, sex-worker migranti); che sia ampliata la gratuità del vaccino dell’HPV. Chiediamo, infine, che il personale sociosanitario riceva una adeguata e costante formazione rispetto alle IST, che comprenda le specificità delle persone LGBTQIA+ e allarghi lo spettro di competenza anche alle sfere emotive e culturali. In questo senso, chiediamo che il personale sanitario venga formato ad utilizzare un linguaggio inclusivo ed ampio, coinvolgendo corsi di formazione promossi dagli Ordini Professionali e che la formazione abbia un coordinamento regionale istituzionale, anche creando una rete di collaborazione con le associazioni LGBTQIA+ del territorio (coinvolgendo, ad esempio il progetto “Healthy Peers” di Arcigay).
Garanzia della reperibilità e della gratuità dei servizi medici per persone
transgender e non-binarie
Da ancora prima dell’arrivo del governo Meloni le persone trans* e non binarie subiscono violenze istituzionali inaccettabili da parte del sistema sanitario e dei tribunali. In particolare, i protocolli e le prassi delle troppe poche strutture pubbliche che si occupano di terapie ormonali sostitutive le costringono a percorsi psicologici/psichiatrici patologizzanti, ingiustificatamente lunghi e a iter complicati per accedere ai farmaci, veri e propri percorsi a ostacoli, causati dalla mancanza di formazione e dalla transfobia / transnormatività dellɜ professionistɜ della salute. Ma non solo, le persone trans* e non binarie del nostro paese sono anche oppressɜ da un clima generale di allarme e di controllo attorno alla loro esperienza e dalla scarsità di risorse generalizzata in tutto il SSN. Questa è violenza medica, di Stato e istituzionale. Vogliamo che tutto il Sistema Sanitario Nazionale sia formato e organizzato per prendersi cura della salute delle persone trans* in ogni ambito, e che come per qualunque altra condizione (e non malattia!) anche per la disforia di genere si applichi il principio del consenso informato. Chiediamo il diritto alla piena autodeterminazione della persona, la gratuità dei percorsi di affermazione di genere in ambito sociosanitario e la riduzione sostanziale della burocrazia e della medicalizzazione stigmatizzante. Vogliamo che gli interventi di rettifica chirurgica dei caratteri sessuali secondari siano trattati dal Ministero della Salute con pari dignità ed urgenza di tutti gli altri interventi chirurgici. Infine, chiediamo che le persone transgender e non-binarie non debbano più aspettare anni per essere sottoposte alle operazioni perché considerate interventi puramente estetici e che lo Stato smetta di ostacolare il percorso di affermazione di genere facendo continuamente ostruzionismo sulla nostra pelle.
Formazione dellɜ professionistɜ della salute
Chiediamo che le professioni mediche, infermieristiche e sociosanitarie ricevano una formazione adeguata obbligatoria da parte delle Aziende Sanitarie sull’approccio allɜ pazienti o utenti LGBTQIA+. Chiediamo che venga inoltre promosso l’utilizzo del linguaggio ampio e di un approccio inclusivo e trasversale della presa in carico dell’utenza, al fine di ridurre lo stigma e aumentare la consapevolezza intersezionale. Inoltre, chiediamo che il personale sanitario sia in grado di fornire informazioni veritiere, aggiornate e puntuali rispetto a percorsi specifici che riguardano le persone LGBTQIA+, come i percorsi di affermazione di genere, gli interventi chirurgici di riassegnazione dei caratteri sessuali, la terapia ormonale, le IST e che la promozione di tale formazione venga finanziata con fondi regionali e integrata con la collaborazione degli Ordini Professionali e degli enti che nel territorio si occupano di istanze e tematiche specifiche della comunità LGBTQIA+.
Riduzione del danno e depenalizzazione della cannabis
FVG Pride sostiene la depenalizzazione della coltivazione e dell’uso personale della cannabis in modo da favorire un consumo regolamentato consapevole, sicuro e che contrasti il mercato illegale sfruttato dalle mafie. Chiediamo inoltre che venga ripreso lo studio sulle sostanze psichedeliche in termini di riduzione del danno e di stress post traumatico.
IL CORPO È MIO E LO GESTISCO IO
Giustizia mestruale
Chiediamo che venga abolita interamente l’IVA sui dispositivi igienici per corpi mestruanti, compostabili e no, analogamente ad altri paesi come prima la Scozia (dal 2020) e poi l’intero Regno Unito (dal 2021). Le mestruazioni non sono infatti un lusso che si decide di avere e riteniamo il diritto all’igiene un diritto universale ed una delle prime necessità inviolabili in un paese che si dichiara civile. Chiediamo inoltre che i dispositivi igienici vengano distribuiti gratuitamente negli edifici pubblici, nelle scuole e nei posti di lavoro. Non possiamo infatti dimenticare e volutamente ignorare l’esistenza del fenomeno della “period poverty”, ovvero dell’impossibilità economica di potersi garantire un’igiene adeguata durante il periodo mestruale. Molte persone, durante le mestruazioni, non si recano a lavoro perché non sono in grado di permettersi l’acquisto di assorbenti e sono costrette ad usare asciugamani, stracci e abiti usati, esponendosi ad un elevato rischio di infezioni. Si tende a pensare che questo tipo di povertà colpisca solo le persone mestruanti che vivono in paesi più economicamente in difficoltà, quando in realtà questo fenomeno accade anche in Italia. Chiediamo che venga istituito il congedo mestruale, ovvero un permesso retribuito di più giorni dal lavoro o un periodo di assenza giustificata in ambito scolastico, a disposizione di tutte le persone che soffrono di un ciclo mestruale invalidante. Pretendiamo più ricerca, più informazione e più accessibilità per quanto riguarda i percorsi medici e diagnostici di tutto ciò che concerne l’apparato riproduttivo femminile e/o mestruante, tra cui dismenorrea, PCOS, endometriosi, vulvodinia, benessere del pavimento pelvico e menopausa. Relativamente ai farmaci comunemente prescritti per gestire le mestruazioni (come ad esempio anello, IUD e pillola anticoncezionale), è fondamentale la loro gratuità e soprattutto il loro miglioramento in quanto, ad oggi, i possibili effetti collaterali che causano continuano ad essere preponderanti e contestualmente ignorati o minimizzati, se non persino stigmatizzati come, tra gli altri, la mancanza di libido. Infine, chiediamo alle amministrazioni di organizzare corsi di formazione al fine di de stigmatizzare le mestruazioni e di organizzare delle campagne informative per promuovere l’utilizzo degli esistenti dispositivi igienici alternativi ai classici assorbenti, come le coppette mestruali o le mutande assorbenti (auspicando che queste ultime vengano adattate anche ai corpi trans), in modo da ridurre l’impatto che questi hanno sulla nostra salute, sull’ambiente e sulle nostre finanze.
Corpi e diritti: body positivity e fat acceptance
Chiediamo che, nella lotta alle diseguaglianze e allo smantellamento di quei paradigmi patriarcali che tanto nuocciono a tuttɜ, si prenda in considerazione la lotta per l’accettazione di tutti i corpi, indipendentemente dalle loro dimensioni, dalla loro forma, dal colore della pelle, dal genere, dal sesso e dalle capacità fisiche, sfidando gli attuali standard di bellezza, che consideriamo come un costrutto sociale indesiderabile. Chiediamo che anche alle persone grasse sia garantita un’assistenza sanitaria adeguata, libera da pregiudizi e da automatismi che riconducano indifferentemente ogni sintomo al peso fisico. Perché questo sia possibile, è necessario che lɜ professionistɜ della salute curino l’approccio con lɜ pazienti prescindendo dal corpo che questɜ indossano. Contestualmente, auspichiamo lo smantellamento dello stigma sociale dell’obesità, dimostrando al grande pubblico come esistano nella realtà degli ostacoli nei confronti delle persone grasse, intesi come approcci estetici, legali e medici. Chiediamo una giustizia lavorativa reale, che sostituisca l’attuale modus operandi che vede le persone grasse scartate o pagate meno, a prescindere dal tipo di lavoro o dalle competenze richieste. Riteniamo l’autodeterminazione di sé un diritto inalienabile dell’essere umano, da difendere e proteggere in tutti gli ambiti sociali che i nostri corpi vivono; riconosciamo come le persone con corpi non conformi siano soggette ad ulteriori discriminazioni rispetto alle persone con corpi considerati socialmente validi. Ripudiamo qualsiasi tipo di speculazione fatta sui corpi nostri e di tuttɜ, ponendo qui l’accento sulla capitalizzazione delle insicurezze più strettamente interconnesse con la grassofobia. In particolare, consideriamo inaccettabile la paura e l’antipatia nei confronti delle persone grasse, ma anche il pregiudizio, l’odio e la marginalizzazione che i corpi grassi subiscono. Consideriamo la grassofobia come uno strumento di oppressione razziale, classista e abilista che cerca di codificare un tipo di corpo considerato ideale, che si riflette in un’estetica bianca e occidentale, che tenta di correlare magrezza e salubrità, perpetrando la violenza della supremazia bianca nei confronti delle persone nere, ma anche l’oppressione classista nei confronti delle persone che vivono con risorse limitate e l’idea abilista della salute come indicatore del valore umano.